Omelie

Omelia del 11 ottobre 2015 - Domenica XXVIII per Anno (B)

Gesù è interrogato da un simpatico giovane, certamente affascinato da Colui che i discepoli chiamavano ‘maestro’. L’evangelista lo descrive con dovizia di particolari. Dice: “Un tale gli corse incontro, … gettandosi in ginocchio davanti a lui …”. Ci sono tutte le premesse per osservare con attenzione ogni gesto e soppesare ogni parola, capaci di cambiarci la vita. Quel ‘correre’ mi fa dire che si tratta di un giovane vigoroso. Quel buttarsi in ginocchio rivela un segno evidente di venerazione, stima grande e di pronto ascolto. 

La domanda, quasi gridata e udita da tutti i vicini, è ad un tempo chiara, ma anche misteriosa. Domanda al Maestro quell’attento e obbediente discepolo: “Che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?” Domanda strepitosa. Possiamo farla nostra, purché comporti piena disponibilità nel fare nostra la risposta.

Qual’ è la risposta di Gesù?. In primo luogo, a sua volta, fa una domanda al giovane: “Perché mi chiami buono?” E’ una domanda retorica che non chiede risposte, ma che diventa per Gesù una preziosa occasione per insegnare, soprattutto ai giovani, nell’età in cui va in crisi il rapporto figli-genitori, discepoli-maestri, tra colleghi, marito e moglie… E’ Gesù che dà un risposta alla sua stessa domanda: “Nessuno è buono, se non Dio solo”. Parole che mi tenterebbero di riversare su di esse tutta la breve omelia.

Torniamo, invece, alla lezione tra discepolo e Maestro. Gesù gli chiede: “Conosci i comandamenti” dettati da Dio a Mosè sul monte? Risposta: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”. Ed è qui che si spacca la sua e la nostra aspettativa. La domanda del giovane è ambigua: dice il vero, ma nasconde, probabilmente, una risposta che potrebbe essere anche la nostra di buoni cristiani. Forse si aspettava che Gesù gli dicesse: “Bravo! Va e continua a osservare la legge. Certamente raggiungerai la vita eterna”. Infatti Gesù promuove quel giovane, poiché è un uomo giusto davanti a Dio, alla sua coscienza e alla legge. Questa risposta di Gesù vale anche per tutti e ciascuno di noi, oggi in ascolto da discepoli. Ma la spiritualità, non dettata dalla legge mosaica, bensì dal comandamento dell’amore, proclamato più volte dal Maestro, vola molto più in alto. Gesù dice al giovane e continua a dirlo: “Va, vendi quello che hai, dallo ai poveri, poi vieni, seguimi. Avrai un tesoro in cielo”. 

Gesù dice che Dio ci ha arricchiti indistintamente tutti e in un modo incredibile. Quanto vale la vita che abbiamo ricevuto gratuitamente? Cosa ci chiede Gesù? Di prendere questa ricchezza, fonte di tutte le altre materiali, morali e spirituali, e di realizzarla, non possessivamente, ma caritatevolmente. Volete un segreto per dire come il domani può essere un paradiso già in terra? Risposta: donare a tutti il bene più prezioso che gratuitamente abbiamo ricevuto: la nostra vita! 

don Rinaldo Sommacal