Omelie
Omelia del 1 marzo 2015 - Quaresima II (Anno B)
“Abramo!” disse Dio per metterlo alla prova. “Eccomi” risposte prontamente Abramo. “Prendi tuo figlio, il tuo unigenito, e offrilo in olocausto sul monte che ti indicherò”. “O Dio sbaglia, pensò Abramo, o io sono un pazzo se obbedisco”. Invece, senza dubbio alcuno, Abramo obbedì. Pensò: “Dio non può ingannare. Dio mi ha promesso una discendenza numerosa! Dio è di parola”. Conclusione: Abramo, padre di quell’unico figlio, concepito da una donna sterile, salvato dall’obbedienza del padre, da tutte le religioni monoteiste è chiamato: “Padre della fede”.
Per tentare di capire il valore universale dell’obbedienza di Abramo, mi servo di una favola da convento, un po’ ridicola, ma fino a un certo punto. Un giovanotto, molto ingenuo ma candido, chiese di farsi frate. Il priore, più lo metteva alla prova e più lo giudicava un minus habens, quindi no da convento. Il ragazzo continuava a chiedergli di farsi frate. “Sì” gli disse infine il priore, ma solo se tu, che hai una testa da rapa, saprai far fiorire un campo di rape, piantando, però, la prima con le foglie all’in giù e il bulbo alla luce del sole. Il candido novizio obbedì ciecamente al suo superiore. Mentre scavava e piantava, tutti i frati ridevano divertiti. Ma ecco ciò che nessuno si aspettava: spuntarono innumerevoli rape, con le foglie al vento ed il bulbo sotto terra. “Fatto!” disse il ragazzo. I frati piangevano di commozione. Il Priore gli disse: “Vieni”.
La sfida tra Dio, (che è solo bene, nonostante tante apparenze e realtà contrarie), e l’obbedienza di Abramo, mi fa, ci fa dire: Obbedire a Dio non sempre è facile, spesso sembra impossibile. Per capire l’obbedienza a Dio, quella da sempre insegnata dai veri profeti, l’obbedienza sublimemente vissuta dal figlio di Dio, Gesù, che, prima di entrare nel mondo, disse al Padre: “Vengo per fare la tua volontà” e che, davanti a tutti i momenti più difficili, disse sempre: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta”, ci aiuta la professione di fede puramente umana di quell’ingenuo ragazzo che obbedì con gioia al suo Superiore, visto da lui al di sopra di ogni sospetto.
Ed il Tabor? E quella mistica trasfigurazione di Gesù? E lo stupore dei tre privilegiati? Non è facile capire il tutto, cioè perché Gesù sul Tabor, per motivi insufficientemente capiti, fa trasudare la sua divinità, perché da noi sia accostata come sorgente di fede nella sua divinità.
Anche qui mi servo di un episodio, veramente accaduto sotto i miei occhi. Tanti anni fa ero nella Certosa di Vedana, sull’orchestra della chiesa, non visto, ma che potevo vedere. Vidi una esperienza da Tabor: un anziano monaco, con un il viso luminoso di un bambino, non sapeva staccarsi dal tabernacolo. Lui vedeva Gesù. Lui si sentiva visto da Gesù. Giocava tra l’andare e il ritornare al suo personale Tabor. Quel giorno mi dissi: “Ecco un Tabor! Ecco in diretta, una esperienza mistica”. A exempla traunt!
don Rinaldo Sommacal