Omelie

Omelia del 25 ottobre 2015 - Domenica XXX per Anno (B)

Propongo una ripassatina sul criterio che la Chiesa docente usa nello scegliere, per ogni domenica, i brani biblici che vanno a formare la Liturgia della Parola e che vengono a noi donati e proposti con autorità.

La preoccupazione di fondo della liturgia è l’imperativo di mettere sulla mensa della Parola, pagine scelte della Sacra Scrittura, fondamenta della nostra fede. La Sacra Scrittura, comunemente detta ‘Bibbia’ va dal primo libro detto ‘Genesi’ all’ultimo che è l’Apocalisse. Il Vecchio Testamento raccoglie la Parola di Dio  della prima alleanza, protesa ad annunciare l’opera della Creazione da parte di Dio e della attesa Redenzione, o Ricreazione, da parte del futuro e promesso Messia. Il nuovo Testamento, come lo dice la Parola, va dalla Annunciazione a Maria del Messia al compimento di tutte le promesse, oggi consegnate alla Chiesa apostolica e, dalla Chiesa, predicate nel mondo intero. Le nostre liturgie domenicali ci inviano tre brani, scelti dal Magistero. Siccome la voluminosa Bibbia non può essere proclamata per intero ogni domenica, con intelligenza viene spezzettata e offerta in brani scelti. Possono essere paragonati ad un mosaico. E’ fatto di molti elementi, ma tutti tra loro in armonia, in vista del capolavoro finale. Spesso, per capire certe pagine conclusive, è necessario risalire alle sue origini. Ma, altrettanto, per illuminare certe pagine a monte, è necessario scendere alla foce.

Delle tre letture proposte, in consonanza tra loro sono la prima e la terza, mentre la seconda gode di una sua ricca e originale autonomia. Oggi, ad esempio, dalla prima e terza lettura riceviamo un forte messaggio di speranza e ne abbiamo bisogno. Geremia profeta annuncia la gioia della liberazione dopo la terribile esperienza della schiavitù babilonese. Bartimeo, invece, cieco e mendicante, privo di ogni sovvenzione e cura, grida a Gesù, che passava di lì: “Rabbunì, che io veda di nuovo”. Quel ‘di nuovo’, ci dice che un tempo ci vedeva. Chi nasce cieco non ha la crisi di chi perde la vista. Gesù gli dice: “Va, la tua fede ti ha salvato”.

Cosa imparare da questi due messaggi, lontanissimi nel tempo, ma congiunti nel disegno di Dio: cioè il bisogno di essere persone e popoli liberi e poter vedere con gli occhi del corpo, ma ancor più della mente e della vera fede? Chi di noi non è caduto nella rete di qualche vizio o  di situazioni sbagliate, fonte di intima sofferenza? Chi, nella sua vita, non è stato accecato da qualche richiamo di sirene, poi dimostratosi un tranello che ci ha fatto cadere dalla luce nelle tenebre? Ecco il perché di questa liturgia domenicale. 

Ti chiedo: “Hai bisogno, come hai bisogno, di liberarti da qualche negativa schiavitù che solo tu conosci e ti pesa? Ricordati: in Dio, e solo in Lui troverai  comprensione , liberazione, consolazione. Sei nel buio? Ricordati: Lui è la luce vera, Gesù”. Chi è Gesù? Lo dice il Padre: “Tu sei sacerdote per sempre”. Ecco il nostro liberatore! Gesù! 

don Rinaldo Sommacal