Omelie

Omelia del 8 novembre 2015 - Domenica XXXII per Anno (B)

Oggi il tema centrale è la povertà. C’è povertà e povertà. C’è l’individuo, la singola famiglia, un’intera comunità che, senza colpa, possono essere vittime innocenti delle varie povertà. C’è la povertà di chi, come il figliol prodigo che, dopo aver dilapidato la sua pretesa ma illegittima eredità, si riduce sul lastrico e deve contendere il cibo ai maiali. C’è anche chi fa la scelta della povertà, come molti santi dei primi secoli dell’era cristiana che, possedendo molto, donarono tutto ai poveri e si ripresentarono come i mendicanti di Dio, per ricordare a tutti che le ricchezze non devono diventare una religione, ma un prezioso e insostituibile mezzo di vita e di sviluppo, per il bene, anche economico, non solo di pochi, ma di tutti. Ci sono le povertà epocali che vedono interi popoli cadere sotto lo stivale chiodato di qualche tiranno o di qualche catastrofe cosmica, povertà oggi in atto, che spinge fiumi di persone alla disperata ricerca di libertà che poi diventa, a sua volta, una nuova conflittuale povertà.

La povertà di ogni genere, quando bussa alle porte di chi, per grazia, è in una condizione sì difficile, ma non disperata, suscita azioni e reazioni le più diverse, ognuna delle quali parte da motivazioni anche giuste, ma spesso pilotate dalla salvaguardia dei propri interessi sia materiali che morali, che religiosi, che culturali. Sia il profeta Elia, per ordine di Dio, sia Gesù in persona, oggi bussano alle nostre orecchie e scendono entro l’intelligenza, la coscienza, la sensibilità e anche entro la nostra cultura più o meno caritatevole.

Le due pagine, distanti temporalmente una dall’altra, sono unite dallo stesso tema della povertà e della risposta, anche politica, dei singoli e, ancor più, delle comunità. Cosa chiede Elia alla vedova che si prepara a morie di fame, lei e suo figlio? La chiamò e le disse: “Prendimi un po’ d’acqua e un pezzo di pane”. Sembra una battaglia assurda tra poveri. Invece sotto ci sta una lezione: che spesso sono i poveri a salvare i poveri.

Chi di noi, anziani, non ricorda quanto avveniva negli anni bui delle due guerre mondiali e delle conseguenti estreme povertà. Mia mamma vide dei soldati nel 1917 che facevano bollire le suole consumate degli scarponi per ricavare una specie di brodaglia da bene. Eppure, in quegli anni, si moriva di tutto, ma non di fame.  Quello che c’era, era di tutti. La carità della vedova salvò Elia, ma Elia, uomo di Dio, salvò lei e suo figlio.

Gesù rincara la dose. Con i suoi discepoli va di nascosto nel tempio per vedere chi e come facevano l’elemosina. Le monete del ricco rimbombavano e suscitavano lodi e riconoscenza. La vedova vi  getta un soldo che nessuno sente. E’ tutto quello che ha. Ma nessuno la loda. Il sommo sacerdote elogia il primo e ignora la vedova. Gesù, invece, che vede nelle tasche e legge il cuore di ogni persona, dice ai suoi discepoli: “Lei ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri”. Io lo confermo. Conosco umili, ma splendide persone, che hanno il solo sufficiente, ma che aiutano i più poveri donando sistematicamente il soldo al loro parroco. Riflettiamo! Questa è da sempre la vera Chiesa delle periferie, come chiede il Papa.

don Rinaldo Sommacal