Omelie

Omelia del 9 marzo 2014 - Quaresima I (Anno A)

La Quaresima è stata pensata e donata a tutta la cristianità come il portale che apre sul mistero che racconta l’intero creato: creazione, redenzione, salvezza.

Il creato fu tratto dal nulla e Dio lo consegnò all’uomo, (maschio e femmina), perché avesse da governarlo. Prima di indire un legittimo processo, per vedere come l’uomo (maschio e femmina) seppe governare l’universo, delegato dal Creatore, spogliamoci dalla innata voglia di essere i giudici infallibili del prossimo, al posto di Dio; torniamo ad essere trasparenti e ricchi solo di quei poteri veri che Dio ci diede, non per sentenziare ma per fare.

Con il rito delle ceneri e con la attenta meditazione delle tentazioni, liberamente subite da Gesù, tagliamo tutti gli ormeggi che, nei secoli, abbiamo disseminato qua e la, nell’oceano della storia, per sfuggire da Dio, che, invece, ovunque ci segue e ci chiede: “Dove sei?”. 

Il rito delle ceneri, accanto ai suoi eccelsi richiami a ciò che è essenziale da ciò che è passeggero, mi fa venire alla memoria il ‘brusar la vecia’ che si faceva un tempo nelle  campagne, a metà quaresima. Prima di essere un gioco, con tanto di testamento, era un rito simbolico caro agli agricoltori: cioè bruciare l’inverno con le sue vecchie sterpaglie, per ridare un vestito nuovo alla sempre feconda vitalità  del prato. La Chiesa sempre valorizzò i riti che ricevette dal mondo pagano, donando loro il sigillo dei valori cristiani.

Fatta questa premessa, con la guida di Gesù, vincitore là dove clamorosamente caddero i progenitori, torniamo a bruciare tutte le sterpaglie con cui, noi, caduti in adorazione ai piedi dell’astuto Tentatore, abbiamo deturpato la nostra immagine ed inquinato la bellezza del creato. Per sommi capi, riandiamo a vedere chi era l’uomo uscito dalle mani del Creatore. La Bibbia, in particolare la Genesi, non deve essere letta, come spesso accadde nel passato, come un libro di scienze naturali. Non va letta alla lettera, ma alla luce delle sue finalità religiose, raccontate in parabole.

Torniamo alle nostre origini, ripercorrendo la strada giusta e non quella dell’Imbroglione numero uno. Ripassiamo le meraviglie che abbiamo ricevuto da Dio in Adamo ed Eva. 

Dio plasmò l’uomo… Soffiò nelle sue narici un alito di vita”. E’ dal fango vero o è da un corpo già esistente, a sua volta tratto dalla terra? Lo dirà la scienza. Per noi vale la verità che tutto è stato plasmato da Dio e che l’uomo direttamente da Dio riceve lo spirito.

“Dio piantò un giardino, vi collocò l’uomo, fece germogliare ogni sorta di alberi graditi e buoni”. E’ l’inno alla divina Provvidenza, il cantiere divino della sussistenza, da elaborare con le nostre mani.

Tutto è dono, ma a una condizione: “Che l’uomo riconosca e adori Colui che lo ha tratto dal nulla, Dio”.  Mancava solo l’ Amen! il ‘grazie’ del primo uomo. Quel grazie non venne. Venne invece la clamorosa disobbedienza. Siamo qui per risalire, con Cristo, il monte Calvario, per dire SI a Dio e NO all’astuto tentatore e per rientrare, con il Risorto, nella famiglia di Dio. 

don Rinaldo Sommacal