Omelie

Omelia del 27 ottobre 2013 - Domenica XXX Per Anno (C)

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Oggi, seguendo come maestro il Siracide, che, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, scrisse quelle magnifiche pagine, consegnate poi alla Bibbia con il nome dell’autore, ci permettiamo di porre a Dio, due domande che spesso ci facciamo tra noi, ma alle quali non sappiamo rispondere in modo adeguato e disinteressato.

Chiediamo a Dio: “Ci può essere sulla terra una giustizia veramente oggettiva e uguale per tutti? Perché tante sentenze vacillanti? Tu, Signore, come ti comporti nei nostri confronti sia nel giudizio particolare, immediatamente dopo la nostra morte corporale, sia in quello grandioso, chiamato ‘universale’, reso superbo e pauroso da Michelangelo nella Capella Sistina, celebrato da Te, supremo Giudice, alla fine dei tempi e all’inizio della nuova creazione?

Alla prima domanda, dobbiamo purtroppo rispondere che la giustizia messa in mano nostra ed applicata nei processi condotti da uomini, è una giustizia sempre imperfetta, spesso ambigua, non raramente erronea, vuoi per i limiti di chi giudica, vuoi per la insufficienza delle prove, vuoi per i falsi testimoni, vuoi per la malizia di chi può dire: “Innocente” al colpevole o “Colpevole all’innocente”.

Se la verità piena non può essere applicata nella sua interezza, dobbiamo illuminare, con i mezzi umani a nostra disposizione e soprattutto con la preghiera, quel giudice che, secondo coscienza e aggiornata competenza, è chiamato ad emettere la sentenza, certamente imperfetta  ma non ingiusta. Le sentenze colpevoli spesso discendono da pilotate e false testimonianze.

Se la sentenza, mascherata da argomenti ineccepibili, è volutamente ingiusta, povero quel giudice, sia di fronte alla sua coscienza, sia di fronte al popolo da cui ha ricevuto il potere e a cui deve dimostrare che la legge è uguale per tutti, ma soprattutto davanti a Dio, che, per bocca del suo inviato Gesù  Cristo, condotto davanti a Pilato, giudice con pieni poteri, disse: “Io sono la verità”.

La verità, che noi possiamo anche manipolare a nostro piacimento, sfolgorerà sia al primo processo, sia in quello  definitivo, quando, accanto alle colpe personali, vedremo le terribili conseguenze sociali dell’uso corrotto del potere. Cosa dire a quei condannati innocenti, che si vedono  guardati con diffidenza! Cosa dire a coloro che, avendo ingannato i giudici, quindi ancor doppiamente colpevoli, vanno orgogliosi, a fronte alta, con atteggiamento di sfida! Risponde il Siracide: “Il Signore è giudice e per lui non c’è preferenza per persone. Non è parziale a danno del prossimo…” e così via.    

Gesù stigmatizza fin d’ora chi si riveste di apparenze e si auto-loda. Loda invece chi, cosciente delle sue povertà morali,  davanti a Dio si confessa peccatore e chiede sinceramente perdono ed aiuto. Gesù così conclude la sua parabola sempre attuale: “Questi (il peccatore pentito), a differenza dell’altro (il presuntuoso) se ne torna a casa sua giustificato”. E aggiunge: “Chi si esalta, sarà umiliato e invece chi si umilia, sarà esaltato”.  

don Rinaldo Sommacal