Omelie
Omelia del 22 settembre 2013 - Domenica XXV Per Anno (C)
Dio semina le sue parole, a volte una dopo l’altra unite, a volte distanti tra loro di secoli; alla fine ci fa vedere che tutte sono una parola sola, come Dio, triplice nelle persone ma uno per natura.
Troviamo conferma di quanto detto dalle tre pagine della presente liturgia della Parola. Amos profeta, Luca evangelista e Paolo, l’indefesso predicatore del vangelo di Gesù Cristo, figlio di Dio, fino agli estremi confini della terra, oggi convergono entro un unico cerchio che potremmo chiamare, alla dantesca, il cerchio degli usurai, dei disonesti. Magari, per apparire benefattori, hanno in casa immagini di santi, paravento ai loro loschi traffici.
Paolo, ben a conoscenza di queste ingiustizie, perpetrate dai potenti a proprio favore ed a danno dei poveri, degli umili, dei giusti, dei deboli, spezza una lancia in aiuto a quel potere che è nelle mani degli onesti e che, se ben usato, può risanare le secolari ingiustizie, cioè: da una parte, incoraggiare e premiare quelle persone che sono capaci, da sole, di dar lavoro a decine, centinaia e migliaia di lavoratori, esecutori benemeriti dei preziosi progetti delle persone più creative; dall’altra, riuscire a elargire la giusta paga all’operaio che, a sua volta, con coscienza professionale, fa progredire, a beneficio di molti, il benessere economico, sociale, etico, familiare…
Giustifichiamo questo ragionamento che, dal sociale si fa morale, da morale si fa umano, da umano rivela la volontà di Dio e che, da volontà di Dio, diventa la tavola attorno alla quale si decidono i comandamenti di ogni politica. Normalmente vediamo il potere politico essere esigentissimo con i deboli ed i poveri, che incorrono in certe manchevolezze, ma, poi, è gravemente insolvente con quelle imprese che eseguono progetti decisi dal potere stesso. Le conseguenze, da impotenti, le vediamo tutti.
Un presidente liturgico, come me, non ha nessun potere amministrativo, ma ha il dovere, e ce lo dicono le letture odierne, di calare la Parola di Dio entro il presente, per cantare con gioia le vittorie dell’onestà sulla disonestà, ma anche, a nome degli indifesi, per additare e denunciare le innumerevoli ingiustizie che, chi ha in mano un qualsiasi potere, piccolo o grande, legislativo o economico, morale, spirituale…, può commettere, o sta commettendo.
La Parola di Dio non si ferma nei tempi. E’ un SEMPRE. Se interrogata oggi, la Parola di Dio dà risposte all’oggi. Né la Parola di Dio, per sua natura, può essere taciuta. Se da tutti amata e incarnata nel pensiero, nelle parole e nelle opere, saremo tutti operatori di un rinnovato paradiso terrestre, pallido anticipo del paradiso celeste.
Dice il profeta Amos: “Ascoltate… voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese”. Rincara la dose Gesù: “Chi è disonesto in cose da poco conto, è disonesto anche in cose importanti”. Paolo suggerisce un potente rimedio, quello della preghiera e non della sterile mormorazione. Dice: “Si facciano preghiere per tutti gli uomini” cominciando dai re e per tutti quelli che stanno al potere. Cosa dice a noi, cosa dice a me, oggi, la Parola di Dio?
don Rinaldo Sommacal