Omelie
Omelia del 25 agosto 2013 - Domenica XXI Per Anno (C)
Ancora una volta da queste letture si alzano messaggi ricchi di ammonimenti, di minacce, di dolci e pressanti inviti, ed, alla fine, di grande apertura, frutto più di misericordia divina che di merito nostro.
Gesù, a quel tale che, preoccupato del suo futuro, chiede: “Sono pochi quelli che si salvano?”, cosa risponde? Risponde e non risponde. Coglie l’occasione di quella domanda per indicare, come risposta, una strada sicura. A chi è preoccupato, solo per sé, di essere tra i pochi che si salvano, Gesù dice: “Non dipende da Dio, ma da voi”. O meglio: dipende da una visione della vita che voi spesso non volete vedere, ma che Dio continua ad indicare, attraverso la coscienza, attraverso gli esempi e le parole di quelle persone di buona volontà che si trovano in ogni parte del mondo, anche tra le religioni non cristiane, che anelano ad un ‘dio’, imperfetto sì, ma che sempre fa trionfare il bene. In prima linea deve trovarsi quel popolo che Dio ha definito ‘SUO’, il popolo di Gesù.
La volontà di Dio, comunque lo si chiami, è per una pace universale. Richiamo forte rivolto anche a chi milita in religioni che predicano un ‘dio’ bellicoso e, con violenza perseguitano chi non la pensa come loro, in particolare i cristiani. Ma, come capita in tutte le vere famiglie, dove padre e figli si conoscono, si amano, spesso si temono, si offendono, poi fanno la pace e rilanciano, ad un piano superiore, la loro positiva convivenza, le severe parole di Gesù, raccolte dagli apostoli e fatte proprie dall’ispirato autore della splendida lettera agli Ebrei, sono rivolte, in modo schietto, ma anche pedagogico da Dio, a noi, singolarmente presi, e ancor più come membra protagoniste della mondiale famiglia umana e cristiana: o ‘simul stabunt o simul cadunt’.
La pedagogia di Dio tiene conto della psicologia degli uomini, continuamente in evoluzione. La pedagogia di Dio ispira anche a noi il metodo da seguire nel rapporto tra fratelli, tra sposi, tra figli, tra superiori ed inferiori, tra colleghi, tra forze politiche, ecc. E’ un metodo che si lascia interrogare dai bisogni del momento, ma anche dalle varie crisi dei valori di fondo.
La lettera agli Ebrei, con coraggio, anche contestando certi pedagoghi e certi psicologi, senza tanti se e ma, afferma: “Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore. Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Sul momento non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però arreca un frutto di pace e di giustizia”. Parole forti e chiare, che spiegano il linguaggio severo usato da Gesù quando, a certi cristiani cortigiani, dice: “Non vi conosco, voi operatori di ingiustizia”.
Magari siamo noi, quando facciamo sfoggio di essere persone giuste. Dio vede il cuore e non le apparenze. Raccogliamo questi sublimi inviti, liberandoci dalla zavorra di voler essere sempre giusti e di poter dettare legge perfino a Dio. Allora si avvereranno le splendide promesse del profeta Isaia: “Io verrò a radunare tutte le genti; essi verranno e vedranno la mia gloria”.
Don Rinaldo Sommacal