Omelie

Omelia del 23 giugno 2013 - Domenica XII Per Anno (C)

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L’alleanza Dio-uomo, iniziata ufficialmente tra i due contraenti, Dio chiamato Iahwè e Abramo, nostro padre nella fede, alleanza che doveva essere firmata con il sangue di un agnello senza macchia, fu un tema, un argomento, un ritornello che pervase tutta la secolare cultura del popolo di Dio, Israele. Chi sarebbe stato il profetizzato Agnello, con il sangue del quale si sarebbe sigillata l’alleanza tra Dio e l’umanità, sua creatura prediletta, chiamata a diventare sua sposa? 

L’Agnello dovrà essere divino ed umano ad un tempo. Il suo primo nome tra tanti, sarà: Messia, l’Inviato. Di Lui i profeti rivelarono innumerevoli particolari. Se sapientemente uniti tra loro, ci dicono chi è il vero Inviato di Dio, sacerdote e vittima.

Oggi ne incontriamo uno, il cui nome è Zaccaria. Ispirato dallo Spirito Santo, fa dire a Dio: “Guarderanno a me, cioè a colui che hanno trafitto” Quindi agnello immolato. Quanti lo udirono, probabilmente gli avranno detto: “Sei un pazzo. Non è possibile. Dio non può essere trafitto. Un Dio trafitto non è guardabile, non è credibile. Non è possibile pensare a un Dio ucciso da noi, sue creature”. Neppure il profeta poteva conoscere la portata della sua affermazione, ma la fece in modo inequivocabile.

Ancor più strano è quando la profezia afferma che quella morte violenta diventerà per noi “uno spirito di grazia e di consolazione”. La profezia fu contestata e dimenticata dai destinatari. Nessuno dei maestri in Israele, interpreti delle profezie, fece del Messia “trafitto” argomento di insegnamento. Sapevano a memoria ogni virgola delle sacre scritture, ma si trovarono del tutto impreparati allorché quella profezia si avverò alla lettera.

Per poter essere trafitto, Dio doveva prendere carne umana. Un altro profeta, di nome Isaia, aveva predetto anche questo quando disse: “Una vergine concepirà un figlio, che sarà  chiamato ‘Emmanuele’, 'Dio con noi”. L’arcangelo Gabriele, con una lucidità sbalorditiva, annunciò il tempo in cui Dio in persona, si sarebbe fatto uomo. Ma non poteva diventare uomo, senza l’uomo. Allora, come un timido fidanzato, chiese il consenso della sua sposa di nome Maria di Nazaret.

Gesù, diventato adulto, iniziò la sua predicazione. Un po’ alla volta, per non scandalizzare i suoi discepoli, giunse a dire: “Una volta elevato da terra, attirerò tutti a me”. Questa dichiarazione, all’apparenza dolcissima, in realtà era la realizzazione della terribile predizione di Zaccaria: “Guarderanno a me, a colui che hanno trafitto”. La profezia si realizzò con una precisione sbalorditiva. Solo dopo la crocifissione, dopo che una lancia trafisse il costato di quell’uomo, di nome Gesù, figlio di Maria (che, ai piedi della croce, lo accolse, morto nel suo grembo, per permettergli di rinascere), fu compresa la profezia. 

I discepoli, duri di testa, rimasero sgomenti. L’Emmanuele, Gesù, il Salvatore, lentamente spiegò loro, ed oggi a noi, la profezia. Solo se capìta, saranno vere le parole del crocifisso: quando sarò lassù “attirerò tutti a me”. Oggi, alla sua domanda: ‘Ma voi chi dite che io sia’?  tocca a noi rispondere. Rubiamo con gioia le parole di Pietro: “Tu sei il Cristo di Dio”, morto e risorto per noi."

Don Rinaldo Sommacal