Omelie

Omelia del 16 giugno 2013 - Domenica XI Per Anno (C)

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I protagonisti della prima lettura sono il profeta Natan, il re Davide, Urìa con sua moglie, ma ovunque e vigile la presenza del Signore. Chi è al centro della terribile vicenda, narrata dalla Parola di Dio, senza veli e con un crescendo di colpevolezza, fino all’indignazione di Dio e al grido di dolore del singolare peccatore pentito?

Al centro di questo racconto è la figura tra le più eminenti di tutta la storia del popolo di Israele, cioè il re Davide, scelto direttamente da Dio e consacrato re, al posto di Saul, quando era ancora un ragazzo. A Davide le sacre scritture dedicano pagine e pagine, per cantarne le qualità, le virtù, i meriti, così da essere indicato come l’immagine perfetta del Messia venturo.

Ebbene: Davide, nel momento culminante del suo splendore, protetto dalla sua indiscussa autorità, commise uno dei peggiori peccati: indusse una donna a tradire il proprio marito per unirsi a lui, rendendola incinta. Come porre rimedio? Riconoscere il tradimento? Chiedere perdono ad Uria, il legittimo marito e fedelissimo soldato dell’esercito di Davide? Niente di tutto questo. Dopo il primo, Davide continuò a commettere errori su errori, fino a tramare l’omicidio dell’innocente Uria. Usò del potere che aveva di far vivere o morire, potere che vantavano i potenti di allora che consideravano i sudditi come loro proprietà. Davide, complice un generale, organizzò la morte di Uria, facendola sembrare una morte eroica, in difesa del proprio re e del proprio popolo.

Dio si indignò e inviò a Davide il profeta Natan per dirgli: “Ho visto tutto. Tu hai fatto ciò che è male, non solo all’innocente Uria, ma soprattutto ai miei occhi. Per castigo, la spada con cui tu hai  trafitto Uria, non si allontanerà mai più dalla tua casa”. Per fortuna Davide non si rifugiò dietro uno dei paraventi di cui l’autorità spesso gode. Davide ammise il delitto, riconobbe la sua immensa colpa, pianse per tutta la vita il suo peccato e consegnò il suo struggente pentimento al salmo 50 che, in latino si intitola ‘Miserere mei Deus…’.

Ricavo per me e per voi alcuni ammaestramenti: nessuno, a qualsiasi altezza sia giunto, può dichiararsi senza peccato. La Chiesa scomunica chi volesse affermare di essere senza colpa alcuna. Non sono, quindi,  credibili, quanti, più in alto sono, più vanno dicendo di non avere colpa alcuna.

La religione cristiana da sempre è stata chiara in questo senso, per cui chiede a tutti di saper riconoscere le loro colpe. E’ un tasto su cui torna spesso papa Francesco: non abusare del potere che viene riposto nelle nostre mani, per nascondere le nostre debolezze per voler apparire giusti davanti agli uomini; ma ricordare sempre che il Signore è grande nell’amore misericordioso. Può e  vuole  rimuove il peccato di chi si pente sinceramente, sull’esempio del re Davide.

Gesù, alla peccatrice pentita, dice con autorità: “La tua fede ti ha salvato. Va in pace!”  Ma chi può dire: “Ti sono rimessi i tuoi peccati”? Solo Dio. Quindi Gesù è Dio.  

Don Rinaldo Sommacal