Omelie

Omelia del 28 aprile 2013 - Domenica V di Pasqua (Anno C)

Sostiamo un po’ sul misterioso brano, tratto dal libro dell’‘Apocalisse’, definito anche ‘foresta di simboli’. 

L’evangelista Giovanni irrompe con molti ‘vidi’ ed ‘udii’. Scrive: “Vidi un cielo nuovo e una terra nuova”. Ed ancora: “Vidi la città santa scendere da Dio, pronta come una sposa” e sentii un voce potente dire: “Ecco la tenda di Dio con gli uomini. Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli”.

Cosa ci dice questa visione? Il genere letterario dell’Apocalisse non è né facile da scrivere, né semplice da capire. Cerchiamo di cogliere qualcosa di questo messaggio, senza farneticare. E’ Dio che lo ha voluto e Giovanni ce lo ha trasmesso.

Tentiamo di capirlo, con l’assistenza dello Spirito Santo e del magistero della Chiesa fondata su Cristo che ispirò l’amico Giovanni nell’isola di Patmos, da molti bellunesi visitata come ambita meta turistica, ma anche con lo spirito dei pellegrini. 

In quello che abbiamo ascoltato ci sembra di vedere la nostra storia, quella rinchiusa entro la prima Gerusalemme, simbolo della creatura ‘tempo’; poi, d’improvviso, vediamo le porte e le finestre del tempo spalancarsi e tutta la nostra storia defluire come un fiume, attirata in alto verso Dio,  mentre Dio scende verso di noi; festante, ci accoglie come sua sposa, dopo averci santificati e purificati. Ci fa entrare non più in un ‘tempo secondo’, ma nel Suo eterno PRESENTE, da noi comunemente chiamato, ma non conosciuto, ‘paradiso’.

Riascoltiamo la voce potente che viene a noi dal cielo: “Ecco la tenda di Dio con gli uomini. Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli. Egli sarà il Dio con loro, il loro Dio”. Si avvererà così in pieno la profezia di Isaia che dice: “La vergine concepirà un figlio che chiamerà Emmanuele, che significa Dio-con-noi”. 

Chiudiamo gli occhi e sciogliamo l’ascolto del cuore. 

Guidati dallo Spirito Santo, possiamo realisticamente immaginare Dio che scende dall’eternità, pone fine al tempo, rinnova l’intera creazione attraverso l’Incarnazione del Verbo e ci fa salire verso di sé che, da creatore, diventa  sposo, padre, fratello… All’ingresso della nuova Gerusalemme vediamo scritto: “Io faccio nuove tutte le cose”. Non si parla della fine come fosse una distruzione, ma di una ricreazione. Il come, Lui solo lo sa e la scienze ci dicono che Dio non manca di fantasia.

Un grande filosofo e scienziato chiama questa mistica evoluzione la ‘Cristogenesi’. 

Conosciamo, però, il prezzo che Dio ha pagato, per redimere e rinnovare la prima creazione. Mentre a noi chiede l’obbedienza ad un unico comandamento: “Che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi”, Gesù ci ama fino ad immolarsi e spargere il suo sangue sulla nostra terra, contagiandoci con la sua divinità, così  che possiamo chiamare ‘fratello’. 

Dunque questo amore oblativo di Gesù,  ha un prezzo infinito: la Sua morte, morte violenta, come quella di un colpevole, anzi dell’unico colpevole, per liberare noi, suoi crocifissori, dalla pena eterno. Esaminiamoci sull’amore che c’è tra noi. Ricordiamoci: saremo giudicati sull’amore degli uni per gli altri, come Gesù ci ha amati.

don Rinaldo Sommacal