Omelie

Omelia del 24 febbraio 2013 - Domenica II di Quaresima (Anno C)

  • Stampa

Abramo, il protagonista della prima lettura, dalle tre religioni monoteiste, è chiamato: ‘Padre nella fede”. Questo suo sublime titolo se lo meritò, perché, per primo in assoluto nella secolare storia dell’umanità, fu colui che uscì dalla idolatria, dove gli idoli sono stati inventati dall’uomo, e seguì la voce di Dio, come un figlio ascolta amorevolmente il padre.

Per volontà di Dio, divenne lui stesso padre nella fede ,di un popolo profetizzato numeroso come le stelle del cielo e come l’arena del mare. Assieme ai giusti di Israele e dell’Islam, anche noi riconosciamo Abramo nostro padre comune. Pertanto, essendo figli dello stesso padre tra noi siamo fratelli. Abramo fu ed è un padre che dona la fede nell’unico e vero Dio e porta Dio a chi lo cerca, gli crede, lo adora e lo segue vita natural durante, nella buona come nella cattiva sorte.

A chi lo ascolta e lo segue, Abramo dona alcuni verbi all’imperativo. Il primo è ‘esci dalla tua terra’, cioè esci dall’ignoranza che ti attornia, ti avvolge e ti condiziona.

La verità tutta intera la possiede solo Dio e, nelle incomprensioni tra fratelli nella fede, non si deve cadere nel peccato che mise Caino contro Abele. Come Dio si fa conoscere attraverso molte strade, così chi cammina per una strada che parte e porta allo stesso Dio, comunque lo si chiami, deve, non perseguitare o uccidere il fratello, ma dialogare e trovare sempre una intesa che permetta la fratellanza pur nella varietà dei riti, dei nomi, della preghiere, della celebrazioni cultuali.

Anche la Chiesa cattolica nel lontano passato ha commesso sbagli nel diffondere e difendere la propria fede nel mondo, entrando in conflitto con altre religioni. Ma la storia della vera fede insegna ed aiuta a progredire nelle verità anche in forza dei propri errori riconosciuti. E’ quello che fece, con grande umiltà, sincerità, nobiltà Giovanni Paolo II alle porte del secondo millennio: chiese perdono a Dio, alle altre religioni ed al resto del mondo, di tutti gli errori compiuti, in nome di Dio, dalla Chiesa di Cristo, che non vuole schiaffeggiare nessuno, piuttosto porge l’altra guancia, come sta succedendo, in un modo scandaloso, oggi, in molte parti della terra dove essere cristiani significa per certe frange religiose e politiche, essere zavorra da eliminare.

Ma allora la fede cristiana è solo fatica, rinuncia, croce, persecuzione, derisione, morte? E’ vero assolutamente il contrario. Ce lo dimostra Gesù che, anche oggi come allora, ci prende per mano e ci conduce su un monte alto dove si respira l’aria pura della fede vera e si assapora il gaudio di contemplare Dio Padre, poterlo sentire, in compagnia di Chi è come noi, ma anche come il Padre: Gesù Cristo.

A Pietro, che vuole piantare le tende sul Tabor, Gesù lo indica come il domani per quanti sanno portare con onestà ed amore, la fatica di ogni giorno, imitando il Maestro che scende dal Tabor per salire, croce sulle spalle, il monte Calvario. Quella croce siamo noi.

Don Rinaldo Sommacal