Omelie
Omelia del 27 febbraio 2011 - Per Anno VIII
PER ANNO VIII - ANNO A - 2011
Quel Dio che ci ha creato, dov'era, quando venivamo investiti dalle disavventure più o meno dolorose che seminarono dubbio, sconcerto, dolore, morte? E' l'interrogativo che si leva, a volte individuale, a volte in coro, soprattutto da parte di quanti, nel benessere, si guardano bene dal fare professione di fede, dal ringraziare Dio, ma nella sofferenza o nella disperazione, erigono tribunali per processare quel Dio, nel quale probabilmente non hanno mai creduto.
Ma, con uno stato d'animo più filiale ed umile, anche i credenti, davanti alle catastrofi naturali, a certe malattie od alle imprese dei criminali, si chiedono: "Perché?", e "Dio dov'è?".
Ci vogliono intere biblioteche per contenere gli scritti dei dubbiosi di Dio. Al profeta Isaia, invece, bastano poche righe per dire che Dio, dopo aver creato l'uomo, non lo abbandona cinicamente al suo destino spesso tragico.
Il popolo di Dio, in un momento di disperazione, ad una voce disse: "Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato". Lapidaria, ma luminosissima, fu la risposta di Dio:
"Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai".
Tutti abbiamo conosciuto esempi eroici di madri che, per i loro figli, hanno saputo dare tutto, anche la vita.
Queste il Signore prende a paragone per parlare di se stesso, come padre e madre dell'uomo, di ogni singola persona.
Ma, per scolpire ancor più su pietra viva il suo amore per noi, Dio passa anche attraverso lo scandalo di quelle poche sventurate madri, che, per salvare se stesse, o qualche temporale interesse, hanno abbandonato le loro creature. Dio afferma, con tutte le sue inesauribili forze: "... io non ti dimenticherò mai!".
Altra cosa è sapere e conoscere il 'come' Dio è presente.
Anche i più esperti inciampano nel tentare di dire perché Dio spesso tace, sembra non intervenire, sembra distratto, assente.
Anche il Gesù uomo, allorché nell'orto degli Ulivi sperimentò il massimo del dolore a cui possa arrivare la persona umana, a nome suo e di quanti soffrono, si rivolse a Dio Padre e gli chiese: "Allontana da me questo calice amaro", ma no fu esaudito.
Non basta l'intelligenza umana per capire il dolore in tutte le sue sfaccettature.
Gesù, ribadendo ciò che ci dice Dio per mezzo del profeta, ci dà la lezione che diventa per il credente una chiave che sa aprire la porta del mistero del dolore dei giusti e degli innocenti.
Grondante sudore di sangue, dopo aver chiesto, nella più sconcertante solitudine, l'aiuto del Padre, Gesù disse: "Non la mia, ma la tua volontà sia fatta", facendo intuire una logica misteriosa.
Coniugare Dio che dice: "Io non ti dimenticherò mai" e Dio che permette il nostro dolore, è un'impresa che, umanamente parlando, non è alla nostra portata.
Più che alla razionale comprensione, si avvicinano alla condivisione di quella che è la misteriosa volontà del Padre, i mistici che non pensano più con la normale intelligenza umana, ma con i doni che fanno parte della scienza divina.
Anche i martiri che, nel nome di Cristo, non hanno dubitato di difendere la loro fede fino alla morte e alla morte violenta, fanno parte di quelle schiere che, con Gesù, l'uomo dei dolori, sanno dire, davanti al dolore, soprattutto quello più misterioso: "Padre, nelle tue mani rimetto il mo spirito".
Ma il vangelo ci dice che la vita non è solo sofferenza e dolore.
C'è un altro mistero, che la nostra mente non sa capire in tutta la sua ricchezza e bellezza, di cui siamo quotidianamente circondati e alla cui mensa siamo continuamente seduti, senza più rendercene conto: il miracolo permanente chiamato 'provvidenza'. Se la croce fa sempre molto strepito, il miracolo della provvidenza, che, istante per istante, ci offre tutti gli ingredienti necessari alla sussistenza del creato, è silenzioso, spesso da noi, i beneficiati, ignorato, abusato, danneggiato, inquinato, manomesso. Ogni istante di vita è il frutto di un universo di doni gratuiti. Noi credenti sprechiamo almeno un grazie e risaliamo dal pessimismo ad un sano realismo.
Il parroco: don Rinaldo Sommacal