Omelie
Omelia del 23 gennaio 2011 - Per Anno III
PER ANNO III - ANNO A - 2011
Un binomio, perennemente in conflitto, attraversa la storia di tutti i popoli della terra.
Oggi viene rilanciato dal grande ed attualissimo Isaia.
Isaia è il profeta dei tempi messianici, il profeta che, dopo aver fortemente raccontato la lotta tra il bene e il male, fa capire, nettamente, che la conclusione sarà la piena vittoria del bene, spesso descritto come Luce, contrapposto al potere del male, chiamato tenebra.
Profetizza Isaia: "Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse".
Se la luce, sinonimo di vittoria del bene sul male, è vista dal profeta come il futuro ultimo dell'uomo, il presente viene visto come una lotta dove la tenebra, personificata come un aguzzino, fa di tutto per imporre il suo giogo malefico sui popoli.
La lotta tra le tenebre e la luce non è, quindi, un fatto sporadico e di un certo tempo. E' una costante. Ogni generazione il suo capitolo.
Non dobbiamo illuderci! Fin quando ci sarà un uomo sulla terra, quell'uomo, se vorrà entrare nella luce e conoscere la gioia vera, dovrà lottare contro le potenze del male con tutte le sue forze.
Ma Isaia ci fa subito capire che non bastano le forze dell'uomo.
Isaia parla di un TU che entra in gioco in favore dell'uomo buono, che vuole liberarsi dalle tenebre e camminare nella luce fino a diventare a sua volta luce per gli altri, affinché su tutti e per tutti si moltiplichi la gioia e aumenti la letizia. Quel TU è Dio in persona. Questa profezia che non tramonta mai.
Oggi punta l'indice sui tempi nostri.
Come vorrei poter dire, con gioia, che sono passati i tempi delle tenebre e che i nostri sono solo i tempi della luce, della gioia e della letizia. Invece no.
Perché, nelle diverse parti del mondo, questo inspiegabile divampare della violenza, in particolare contro i cristiani che, oggi come oggi, anche umanamente parlando, sono l'istituzione sociale che si fonda sull'amore verso tutti e sull'accoglienza reciproca?
C'è qualcosa di diabolico in questi rigurgiti inumani, spesso alimentati proprio da certi 'credo' religiosi che promuovono scelte politiche contro la libertà religiosa. Quella religione non è da Dio.
Ma anche in casa nostra, culla secolare di una prestigiosa civiltà, serpeggiano, con sempre più insistenza, forze occulte contro la cultura, l'identità e le tradizioni cristiane.
Il valore numero uno della nostra identità cristiana è che crediamo in un solo Dio; che in Cristo, il figlio di Dio fattosi uomo, tutti gli uomini, diventati fra loro fratelli, possono chiamare Dio 'Padre'.
Questo è il messaggio meraviglioso che i nostri missionari portano in ogni parte del mondo: l'universalità della famiglia umana. Questo dovrebbe essere il valore di fondo che penetra ed anima ogni religione ed, in particolare, anche la cultura di casa nostra. Ma, se ci guardiamo intorno, troviamo grosse carenze di fraternità.
Domandiamoci: "Amo io veramente il mio prossimo? Del mio prossimo, quanti ne amo veramente?".
Le risposte, se sincere, ci faranno riflettere.
Ci si ama nella aule del potere? Non sembra.
Quanto profondo è l'amore tra i coniugi? Troppe crisi di coppia.
I fratelli si amano? Sono disposti a perdonarsi?
Vediamo troppe violente baruffe per eredità contese.
Giornali, radio, televisione, spettacoli... che calpestano indenni i diritti fondamentali delle persone.
Fermiamo il pessimismo. Ritorniamo alla promessa profetica: "Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia".
Da soli lo vorremmo, ma non ce la facciamo.
Noi cristiani abbiamo un formidabile aiuto per la vittoria:
Dio stesso, nella persona di Cristo, il Dio con noi. Torniamo a lui!
La luce è più forte delle tenebre ed alla fine vincerà.
La strada della civiltà cristiana è tracciata, basta solo seguirla.
L'apostolo Paolo ce la indica: "Per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, siate tutti unanimi nel parlare, perché non ci siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire".
E Gesù, tornato tra noi, incalza: "Venite dietro a me".
Il parroco: don Rinaldo Sommacal