Omelie
Omelia del 1 giugno 2008 - Per Anno IX
PER ANNO IX - ANNO A - 2008
- Dalla santa quaresima in poi, passando attraverso il mistero pasquale della passione, morte e risurrezione di Cristo, fino alle ultime solennità, che sono scese verso di noi per farci salire in alto, abbiamo gioiosamente riempito di Dio e di spiritualità le nostre chiese e le nostre liturgie.
Stiamo provando ciò che esperimentò il popolo di Dio guidato dal grande Mosè.
Mosè, pur con il peso degli anni e delle responsabilità, ma con la commozione nel cuore per gli strepitosi miracoli compiuti da Dio in favore del popolo, rivolse alla comunità d'Israele parole che contengono ancor oggi tutto il loro valore salvifico, anche se vanno reinterpretate alla luce del nuovo Mosè, che è Cristo.
Ascoltiamo il primo Mosè.
"Porrete nel cuore e nell'anima queste parole".
Quali parole?
Continua Mosè:"Io pongo davanti a voi benedizione e maledizione: la benedizione, se obbedirete ai comandi del Signore, vostro Dio, che oggi vi do; la maledizione, se non obbedirete ai comandi del Signore, vostro Dio". Non usa mezzi termini Mosè.
Noi oggi saremmo più diplomatici. Lui no. Parte dai fatti storici che il popolo ben conosceva. I fatti storici erano principalmente due: il passaggio miracoloso del mar Rosso e la visibilissima teofania apparsa sul Sinai, in pieno deserto. La liturgia odierna attualizza i contenuti di tutto questo discorso.
Lo possiamo riformulare così:
se crediamo in Dio, nel Dio di Mosè, che è il Dio di Gesù Cristo, è evidente che dobbiamo fare, non la nostra, ma la sua volontà.
La sua volontà è compendiata nel decalogo, riassunto da Gesù nel precetto dell'amore che recita: amerai il Signore Dio tuo con tutte le tue forze e amerai il prossimo tuo come te stesso.
Credi in Dio? Dimostramelo, obbedendo ai suoi comandamenti.
Obbedisci ai suoi comandamenti? Allora entri nella benedizione di Dio.
Se non gli obbedisci, allontani da te la sua benedizione.
Insiste Mosè: se hai capito che questa è la verità e che questa verità è a favore dell'uomo e che lo porterà sicuramente a salvezza, allora, per non dimenticare, fatti un pendaglio con su scritta la legge di Dio. Legalo alla tua mano, anzi, appendilo in testa cosicché ti cada davanti agli occhi.
Questo, che sembra quasi una minaccia, altro non è che il grido d'amore di chi ci vuol bene, non ci vuol perdere, ci vuole tutti salvi. - San Paolo, ben conoscitore di Mosè, ma alla fine convertito a Gesù e al Dio di Gesù Cristo, ci avverte: non fermatevi alla osservanza puramente legale della volontà di Dio.
La salvezza non viene dalla fredda sottomissione alla legge.
Il legalismo può bastare per un ordine puramente sociale, in cui valgono anche e soprattutto le leggi coercitive, ma non per la chiamata del Dio di Gesù Cristo alla obbedienza per amore.
Dice Paolo: "Pieno compimento della legge è l'amore" (Rm 13,10).
L'amore è la libertà di dire "sì" a Dio e alla sua volontà. - Gesù in persona interviene nella discussione che riguarda la domanda:"Cos'è che salva l'uomo?". Non è la religiosità esteriore che salva. Non è dire, anzi gridare: "Signore, Signore" che porterà uno in paradiso.
Non è aumentando il devozionismo e il numero delle pratiche di pietà; non è moltiplicando il turismo religioso; non è rivitalizzando le vecchie tradizioni in occasione dei santi del luogo, ecc., che ci si salva. Se predominasse l'esteriorità; se ci fosse solo il bisogno di sentirsi apposto; se, più che l'amore a Dio e al prossimo prevalesse una specie di egoismo spirituale, ci sarebbe da chiedersi se si è sulla strada tracciata da Gesù, che dice: "Entrerà nel regno dei cieli non chi dice "Signore", "Signore", ma colui che fa la volontà del Padre mio".
Quale è la volontà del Padre celeste? Che si ascolti e si segua colui che egli ci ha inviato, il Figlio suo unigenito, Gesù Cristo che, per amore, si dona a noi qui e ora con la sua Parola e il suo corpo.
Il Parroco: don Rinaldo Sommacal