Omelie
Omelia del 25 maggio 2008 - Corpus Domini
CORPUS DOMINI E FESTA DELLA PARROCCHIA - ANNO A - 2008
- Quest'anno la "festa della parrocchia e delle famiglie", gode il rarissimo privilegio di essere celebrata entro una straordinaria solennità: il Corpus Domini.
Questa liturgia è paragonabile ad una piazza medioevale, verso la quale convergono tutte le strade del borghi, delle contrade, delle calli della Città: le diversità che convergono nell'unità.
Noi ci caliamo entro questa immagine, parlando per parabole.
La nostra comunità cristiana, nella sua molteplice composizione, è simile a quell'insieme di borghi che godono di una geniale autonomia, si specializzano in qualcosa di prezioso, gareggiano con le altre borgate anche con sfumature di campanilismo, vanno soggette a una fisiologica insofferenza e rivalità, ma sentono la naturale inclinazione, per la loro sopravvivenza e il loro progredire, di camminare verso la Piazza Grande, la piazza dell'unione.
Nella piazza comune convergono tutte le borgate con i loro frutti da vendere, i loro bisogni da soddisfare, le loro sfide culturali, i loro vessilli, i loro usi e costumi, i loro pregi e i loro difetti.
La Piazza Grande diventa la fiera delle particolarità delle contrade, ma ancor più diventa l'interscambio dei beni e dei bisogni: nessuno è autosufficente, ognuno ha qualcosa, insieme hanno tutto.
Fuori parabola:
i borghi sono le singole componenti del nostro corpo sociale;
la piazza grande rappresenta l'ideale concreto a cui tutti tendiamo.
E' il convergere delle molte cellule, ognuna diversa dalle altre, ma tutte necessarie alla costruzione e alla vita dell'unico corpo.
Tendere all'unità è l'impresa più difficile, ma senza alternative.
Trasformare la diversità in avversione, in permanente dissenso, sarebbe immettere nel corpo i virus che distruggono il tessuto della comunione, che socialmente chiamiamo "bene comune". E' suicidio.
Chi può fare del cittadino un membro positivo della Polis realizzata? Solo la cultura della vera democrazia. Chi fa di una comunità cristiana il vero Corpo di Cristo, che possiede gli stessi poteri che furono e sono di Gesù?
Gesù stesso che, per donarsi a noi, non esitò di farsi cibo permanente, attraverso la Parola e l'Eucaristia. "Il pane che noi spezziamo non è forse comunione con il Corpo di Cristo?". Non lo dico io, insignificante pastore, ma l'apostolo Paolo in persona che non esita a tirare le conclusioni che io mi sforzo di dire con parole a noi familiari: "Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benchè molti, un solo corpo". - Facciamo memoria di un po' di storia del nostro essere un corpo solo, ma fatto di molte membra, su questa splendida terra.
"Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi anni...".
Mi permetto, con il dovuto rispetto, di fare mio il forte richiamo rivolto al suo popolo dal grande Mosè.
Comunità cristiana che vivi in Belluno, ricordati del cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere. Le tue radici cristiane risalgono ai tempi apostolici. Il vangelo si è diffuso velocemente di valle in valle, attraverso il patriarcato di Aquileia.
La tua storia è disseminata di santità ed incarnata in personaggi straordinari come il vescovo S. Lucano, il pacificatore S. Bernardino da Siena, una sequela di vescovi ricchi di santità e di cultura.
Hai dato al mondo ed alla Chiesa universale figure eminenti come il Tiziano, il Brustolon, due papi, padre Felice Cappello, ecc.
Ultimamente sei stata governata da un sequela di belle figure di Vescovi. Ggli ultimi, che ricordiamo a memoria d'uomo, sono: Giosuè Cattarossi, Girolamo Bortignon, Gioacchino Muccin, Maffeo Ducoli, Pietro Brollo, Vinc Savio, ed ora Giuseppe Andrich.
"Ricordati del cammino...".Io, a mia volta del tutto debitore ai miei maestri nella fede come i miei genitori, i sacerdoti che mi hanno accompagnato nella formazione fino alla consacrazione sacerdotale, raccolto il testimone di un pastore e maestro del calibro di don Nilo Tiezza e di don G. Andrich, ora è diventato il mio vescovo, sto camminando da 32 anni alla testa della comunità di Duomo-Loreto.
Da 20anni condivide con me le responsabilità pastorali don Mario.
Più si cammina e più si fa strada.
Più si fa strada e più si evidenzia la molta strada ancora da fare.
Più si fa luce e più si vedono le ombre, le imperfezioni, i ritardi.
Si è portati facilmente ad essere insoddisfatti, proprio in nome di quello che si vede da fare, dimenticando quello che si è fatto.
Ma, proprio questo disagio, che sembra un male, in realtà è una testimonianza positiva.
Perché ci si lamenta?
Perché si è cammminato e si è arrivati su un luogo alto, dal quale si vede tutto il panorama che sta davanti e se ne colgono le esigenze. - Qui irrompe in tutta la sua carica propositiva, critica, generativa e di azione, oltre che di guarigione, il tema che il CPP ha proposto per questa "festa": la testimoninza.
Siamo o non siamo persone nobili, ai nostri occhi, agli occhi degli altri, agli occhi di Dio? Tiriamone le conseguenze operative.
Testimoniamo a noi stessi questa dignità, fugando quel pessimismo che spesso ci fa essere i peggiori compagni di viaggio di noi stessi.
Facciamoci promotori della dignità degli altri, anteponendo a quello che fanno ciò che sono, anche quelli diversi da noi o per mentalità, o per cultura, o per razza, o per religione.
E' testimoniando ciò che sono la premessa per chiedere a tutti, anche con forza, l'alterità. L'imposizione non converte nessuno, solo rimanda l'analoga risposta. Escludere significa perdere.
Riuscire a testimoniare che c'è un solo Dio e che dell'unico Dio siamo figli che possono accogliersi come fratelli, è progresso.
Il mondo si è fatto piccolo e può entrare nella parabola della città medioevale.
Ogni popolo e razza è un quartiere, un rione con la sua identità.
Ma tutti stanno convergendo verso la Piazza Grande.
La Chiesa di Cristo è in testa per dire al mondo intero che la Piazza della comunione è di tutti, che chiede a tutti condivisione. Le diversità non devono diventare armi da guerra, ma prodotti tipici che possono arricchire il paniere del bene comune e moltiplicarlo.
Noi che possediamo il Pane dell'unità, non possiamo non essere i testimoni di fatto di questa scommessa globale: l'intesa è possibile, il dialogo sostituisca gli armanenti, la pace non è l'uniformità, la nostra bandiera (indebitamente sottrattaci) è l'arcobaleno che Dio ha fatto splendere dopo il diluvio universale, con la promessa: mai più le guerre, sempre e solo la pace. I figli di Noè sono tra loro fratelli. Non ripetano Caino ed Abele. - Dobbiamo testimoniare che siamo costruttori di pace, partendo anche dalle nostre piccole, ma nobili ed indispensabili strutture di vita cittadina, evitando lo scandalo della divisione.
Noi cristiani, quando siamo entro le mura della Gerusalemme Celeste, la Chiesa, riusciamo a testimoniare reciprocamente la nostra unità nella diversità, in un bel clima di comunione.
Non altrettanto succede quando noi cristiani scendiamo in competizioni politiche per il governo della Polis, della Gerusalemme terreste che è in Belluno, nel Veneto, in Italia.
La democrazia è insostituibile e suppone più schieramenti.
Se non si potesse scegliere non ci sarebbe democrazia.
Ma qualche cristiano, in quanto cittadino, guarda con lenti alterate: trova il bene solo dalla sua parte e dall'altra solo il male.
Questo cristiano corre il rischio di giudicare buoni solo i cristiani che scelgono come lui e di condannare senza appello i cristiani che scelgono l'altro schieramento. Questo errore sa di fondamentalismo ed è uno dei limiti della nostra democrazia, ma anche della nostra religiosità. Nell'agone temporale i cristiani sono liberi di scegliere, ma, in quanto cristiani, lo facciano ispirandosi ai valori autentici della dottrina sociale della Chiesa e con l'intento di ricercare, per le molte strade possibili, il bene comune, rispettando l'esito delle urne.
In nome della stessa fede, i cittadini cristiani diano testimonianza di reciproca stima e gareggino civilmente, per raggiungere, pur per strade diverse, la Piazza Grande, cioé la costruzione della Gerusalemme terrestre. E qui una bella realtà di fatto: onore al merito ai testimoni della fedeltà coniugale: gli sposi.
A tutti voi, con la gratitudine e l'amicizia di sempre, tanti auguri.
Il Parroco: don Rinaldo Sommacal