Omelie
Omelia del 18 maggio 2008 - SS. Trinità
SS. TRINITA' - ANNO A - 2008
Prima di scendere lungo la valle di lacrime che è la nostra quotidianità ed immettervi i semi della speranza, raccolti sull'albero della vita, che è Cristo morto e risorto, la liturgia scosta per un attimo i veli che ci nascondono il Dio in sé e ce lo manifesta nella sua più abissale intimità.
- Con un breve brano, Esodo ci riporta agli albori della nostra fede e della nostra religiosità.
Noi, come credenti in Cristo, ci dichiariamo con santo orgoglio i figli di Abramo, scelto e chiamato da Dio.
Abramo ebbe in Mosè il secondo padre nella fede, poiché liberò il suo popolo, cioè il popolo di Dio, il popolo di cui noi facciamo parte, non solo dalla schiavitù politica del Faraone, ma anche dalla idolatria, imperante in Egitto.
Mosè, guidato da Dio, condusse Israele ai piedi del Sinai.
Il Sinai divenne per il popolo il segno della presenza mistica di Dio.
A Mosè Dio parlò da un roveto ardente.
Attraverso Mosè Dio parlò a tutto Israele dall'alto del monte Sinai, avvolto da lampi e tuoni.
Dal Sinai, attraverso Mosè, Dio fece scendere sul popolo la prima e mai seconda verità, codificata in dieci leggi di vita.
La verità, che deve riempire la mente dell'uomo e muovere il suo cuore e le sue azioni, è questa: Dio c'è.
Dio c'è ed è Unico.
Dio, geloso della sua identità, disse al credente di ieri e di sempre: "Non avrai altro Dio all'infuori di me".
Ma Dio, geloso della sua unicità, non è un despota che gode sadicamente della sudditanza delle sue creature. E', invece, un "Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di amore e di fedeltà".
Mosè condusse gli israeliti nel deserto per liberarli dall'idolatria e condurli a credere, con la forza dei prodigi, nell'unico vero Dio.
Noi, discendenti da quella fede, con il salmista diciamo: "Benedetto sei tu, Signore, Dio dei nostri padri". - A distanza di secoli, raccogliendo l'insegnamento di Gesù, che fu prima di Abramo e di Mosè, l'apostolo Paolo irrompe nel discorso che riguarda il rapporto Dio-uomo e, con autorità, ci dice: ad imitazione del Dio di Abramo, di Mosè, di Gesù Cristo, Unico nella sua natura, volete essere un cuor solo ed un'anima sola? Allora "siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell'amore e della pace sarà con voi".
Con piacevole sorpresa conclude Paolo:"Salutatevi a vicenda con un bacio santo".
Viene così sdoganato un intimo segno che spesso ebbe del proibito. - Assicurata l'unicità di Dio; assicurata l'unità tra i cristiani e tra le Chiese, ecco apparire, al di là del velo che copre la maestà di Dio, una novità: l'unica natura divina è condivisa da tre persone distinte. Dio non è un essere impassibile, ieratico, imperturbabile, quasi glaciale.
Gesù lo chiama Padre. Dio proclama Gesù: "mio Figlio unigenito". Gesù invia a noi lo Spirito Santo, l'eterno fremito d'amore che sussiste in forza del rapporto Padre - Figlio.
Disse Gesù a Nicodemo:"Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito... perché il mondo sia salvato per mezzo di lui".
Sappiamo che oggi la presenza operativa di Gesù continua in noi per mezzo dello Spirito Santo, inviato in modo permanente su tutti noi.
E' l'eterna volontà di Dio Padre che si va realizzando nel tempo.
Sì, Dio è unico! No a più divinità.
Ma anche sì a un Dio famiglia, poiché non può che essere così: Dio, per sua natura, genera sé stesso, quindi è Padre.
Il generato non può che chiamarsi figlio.
Tra Padre e Figlio sussiste un divino soffio d'amore che non può non essere una realtà personificata, che chiamiamo Santo Spirito.
Se Dio è uno, anche noi, creati a sua somiglianza, dobbiamo tendere all'unità.
Ma Dio è famiglia. Anche noi, sua immagine, dobbiamo riscoprire la nostra vocazione trinitaria: diventare una unica famiglia umana.
Il Parroco: don Rinaldo Sommacal