Omelie

Omelia del 20 gennaio 2008 - Per Anno II

PER ANNO II - ANNO A - 2008

Siamo entrati nel tempo che la liturgia chiama "ordinario".
E' il tempo più lungo dell'anno liturgico. Ha lo scopo di raccogliere i misteri principali della nostra fede e seminarli nel campo della nostra vita quotidiana.

  1. Oggi, ad aprire la seconda domenica del "tempo ordinario", è il profeta Isaia con una strepitosa profezia, che noi abbiamo visto avverarsi a Natale.
    E' il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il Dio di Mosè che parla ad Isaia e gli dice di riferire al popolo quanto segue:
    "E' troppo poco che tu sia mio servo... Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra".
    E' una delle profezia che parlano del "servo di Jawè", cioè del Messia.
    Noi, che rileggiamo la profezia a profezia avverata in Gesù Cristo, sappiamo che, per mezzo di Gesù, è rivolta a tutta l'umanità, ma anche a ogni singola persona umana.
    L'uomo per sua intrinseca natura nasce con la qualifica di servo del suo Signore. Dipende da Dio in tutto e per tutto.
    Ma Dio gli promette un passaggio ontologico: dalla condizione di servo a quella di figlio, per mezzo del suo unico Figlio fattosi "servo".
    Così facendo, l'uomo, nato per riceve indirettamente dal sole che è Dio e vita e conoscenza, cambia, via via, natura: da pianeta a sole, da chi riceve luce a chi è luce e dona luce.
    Né sarà condizionato ad essere una flebile candelina, quasi umiliata dalla grandezza del sole, ma sarà un tutt'uno con il sole divino.
    "Ti manderò come luce delle nazioni" gli dice Dio, la personificazione della luce.
  2. La luce, che l'uomo, redento dal "servo di Jawè", porterà alle nazioni, ha un nome: si chiamerà "salvezza".
    Qui i discorsi si fanno sublimi e la nostra pigrizia mentale e spirituale arrischia di ignorarli o lasciarli cadere nell'oblio.
    Il pericolo della nostra religione cattolica, che è la religione del Dio di Abramo, di Mosè, di Gesù Cristo, è quella di essere così alta da essere facilmente abbandonata, per cose più basse e meschine come le piccole idolatrie degli interessi immediati.
    Torniamo a noi.
    Lasciamoci, almeno per un po' di tempo, rapire da questo vortice di verità:
    essere attirati da Dio, la luce in persona, per diventare anche noi divinamente luminosi. Non attraverso una scalata maldestra della nostra presunzione, ma per la discesa entro la nostra opaca carne della stessa luce divina, Gesù Cristo, luce del mondo.
  3. Gesù venne. Gesù fu presentato alle folle dal suo Precursore.
    Il Battista così lo presentò alle folle:"Ecco l'agnello di Dio. Ecco colui che toglie il peccato del mondo". Si sapeva che il Messia, il Dio fattosi uomo, la Luce divina che si sarebbe fatta carne umana, avrebbe sostituito il vecchio "agnello pasquale".
    Per togliere il peccato del mondo, che aveva fatto precipitare nelle tenebre l'umanità, Gesù si sarebbe addossato tutti i peccati commessi dall'umanità da Adamo fino all'ultimo uomo.
    Fattosi "il peccato", si sarebbe lasciato uccidere dal peccato, perché le tenebre non possono sopportare la luce.
    Tutto si avverrò. Gesù accettò di essere tragicamente vinto dalle tenebre, ma per vincere alla radice le tenebre stesse e riportare alla vittoria piena la luce.
    E così avvenne. E così avviene. Chi si siede alla mensa dell'agnello, si ciba del sacrificato agnello di Dio, rinasce come figlio della luce ed è inviato nel mondo per diventare "luce delle nazioni".
    Il cristiano, incorporato a Cristo luce del mondo, come Gesù è portatore di luce. Non dimentichiamolo.
  4. Paolo a noi, che ci siamo lasciati compenetrare da questo mistero di luce, scrive: "Alla Chiesa che vive in Belluno, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi...: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo".
    E l'apostolo Giovanni aggiunge:"A quanti lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio". E così è veramente.

Il Parroco: don Rinaldo Sommacal