Omelie

Omelia di domenica 11 marzo 2007

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QUARESIMA III - ANNO C - 2007

La pagina del vangelo ci dice che davanti alle catastrofi naturali o agli eventi tragici della storia, tutti siamo portati a porre grandi interrogativi a Dio, gli uni per imparare il significato salvifico della storia, che non finisce con la morte, gli altri per avere un motivo in più per denigrare Dio o per prendere le distanze dalla fede. Gesù ci insegna che, al di là delle singole responsabilità, davanti a certi eventi, dobbiamo chiederci: "Ma noi siamo pronti?". Padrone (Dio) e vignaiolo (uomo) sono corresponsabili della sopravvivenza feconda del fico.
Contestando certi nostri modi di leggere la storia, Gesù ci riporta al richiamo essenziale sul valore della vita: "Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo". Cosa significa convertirsi? Certamente significa aderire con fede intelligente a Dio, motivare con l'amore tutte le nostre azioni, affrontare le fasi della vita, spicciole e importanti, con la nobiltà d'animo dei figli di Dio. Ma chi è Dio che permette anche le catastrofi e cosa vuole da noi?
Il nostro Dio è il Dio di Gesù Cristo e Gesù afferma: "Io è il Padre siamo la stessa cosa". Interroghiamo, quindi, Gesù. Nella pienezza dei tempi si fece visibile nella persona dell'Emmanuele e ci parlò direttamente come Parola di Dio. Nei tempi antichi ci parlò per mezzo dei profeti.
Oggi, con la prima lettura, ci interpella per mezzo del grande profeta Mosè, sul monte Oreb. Ascoltiamolo ed impariamo.

  1. "Mosè stava pascolando il gregge, quando l'angelo del Signore gli apparve". Per Mosè quella era una giornata come tante. Ospite di Ietro, si stava guadagnando da vivere pascolando il gregge del suo benefattore. Assistiamo come un giorno qualsiasi possa cambiare una vita. Ogni quotidiano, se riscattato dall'abitudine e vissuto con consapevolezza, può diventare portatore di conversione. A sua volta la conversione dell'anima riscatta il quotidiano dall'abitudine e fa diventare la vita una libera e nobile scelta e non qualcosa da subire passivamente.
  2. Fino a quali profondità e altezze può trasformarsi il quotidiano? C'è una gamma di possibilità incredibile. Può semplicemente liberare uno dalla noia del vivere, può introdurlo nella gioia del vivere, può elevarlo al terzo cielo. In tale contesto si colloca la straordinaria vocazione di Mosè e la vocazione di tante altre grandi persone della storia. Vediamolo come. Mosè é al lavoro, ma il suo "io" è vigile e operativo. Guarda e vede. Vede e torna a guardare. Il senso diventa pensiero. Chi guarda per vedere, vede il mondo animarsi. Chi vede ciò che guarda, sente sempre più distinte le mille voci che riempiono l'aria, messaggi che i distratti non sentono.
  3. Mosé vede un roveto che arde, ma non si consuma. Si avvicina. Sta per accadere quell'esperienza mistica che cambierà tutta la sua vita. Una voce gli dice: "La terra che tu calpesti è sacra". Prendiamo atto che la terra su cui noi abitiamo è di Dio, non è una nostra proprietà. Se così vista, la terra porta a Dio e Dio non tarda a farsi sentire anche attraverso le sue più umili creature.
  4. Dio parlò a Mosé. Dio è parola per chi sa ascoltare. Quando Dio parla, ha sempre un duplice scopo: rivelarsi come l'unico vero Dio, il sempre presente, da riconoscere ed adorare. Il secondo scopo che Dio rivela a Mosè e ad ogni credente, è quello di prendersi cura dei fratelli, specialmente di quelli che soffrono per le angherie dei loro simili.
  5. Mosè scese in Egitto, a costo della vita, per liberare il suo popolo dalla schiavitù e dall'idolatria. Il nuovo Mosè, Gesù, invitandoci alla conversione, ci fa capire che convertirsi significa due cose:
    • professare la vera fede nell'unico vero Dio;
    • andare con Dio da chi ha bisogno di amore, di libertà e di giustizia, poiché la fede senza le opere è morta e le opere che la fede ci suggerisce sono l'amore vero che libera da ogni schiavitù.

Il Parroco: don Rinaldo Sommacal